LA VITA DI UN CAMERAMAN Capitolo 3 I POLITICI LA CAMERA ED IL SENATO (PALAZZO MONTECITORIO E PALAZZO MADAMA)

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(Edited)

Uno dei primi luoghi che si scopre lavorando in televisione sono la camera ed il senato, so bene di aver parlato al singolare ed aver detto due nomi, ma è come se fosse un posto unico con la stessa atmosfera, le stesse luci, la stessa gente, gli stessi odori.

Entrare per la prima volta dentro questo antico castello nel centro della capitale è sicuramente un’esperienza affascinante e molto vasta, purtroppo come sempre per via del lavoro sottopagato, delle tantissime ore richieste, del trattamento che riservano giornalisti e politici a noi tecnici, si finisce per dimenticarsi quanta magia può aleggiare dentro queste mura.
Ma io avevo un trucco, o meglio, una involontaria reazione a tutto questo, prendere talmente pochi soldi da riuscire a considerarlo gratis, e quindi essere li solo per mia passione personale.
Un luogo dove il resto del mondo non esiste, interminabili corridoi con soffitti alti quanto tre piani di un condominio, gigantesche stanze piene di arazzi e tappeti, lasciate senza traccia di esseri umani per chissà quanto tempo.

Ogni giorno capitava sempre la stessa cosa, entravi li la mattina verso le 9:00 ed uscivi la sera verso le 19:00 e non c’era modo di capire quanto tempo passasse, sapevi solo che entravi con la luce ed uscivi con le tenebre, molto spaesante devo dire.
Mi è capitato molte volte di avventurarmi (di nascosto ovviamente) nei meandri di questo gigante di legno e pietra, passaggi segreti, stanze uscite direttamente da Harry Potter e tantissimi arredi che minimo avevano 100 anni riempivano corridoi e stanze.
Fin dalla prima volta ho immaginato questo immenso luogo colmo non di cameraman, fonici, commessi, giornalisti, ma bensì di uccelli, uccelli di varie taglie e misure, sempre intenti a volare da una parte all’altra, portando con se informazioni, cibi, vezzi, per una mandria di lamantini sdraiati e pigri che aspettano tutto, i politici.

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Il clima credo sia sempre stato questo all’interno, ci sono regole molto ferree imposte dai commessi che amministrano come super camerieri questo posto, per entrare alla camera per esempio devi avere la camicia e la giacca e per il senato anche la cravatta, questa cosa ha sempre fatto eccezione per le donne che tendenzialmente possono entrare vestite come vogliono.
Ogni volta che arrivava il periodo di qualsiasi genere di elezione dentro la camera specialmente vigeva il caos, si passava più tempo li dentro che nelle nostre vere abitazioni.
Purtroppo mi spiace dirlo ma non puoi che perdere la fiducia in qualsiasi schieramento politico osservando come vanno le cose dall’interno, non mi metterò certo a parlare di corruzione perché ne pagherei le conseguenze, ma posso tranquillamente raccontare il pressapochismo dell’impegno generale dei deputati.
Entrambe le aule erano davvero molto simili ad un’aula scolastica, ci si fanno dispetti, c’è chi si offende e non vuole fare nulla per ripicca, chi incita all’odio, chi si addormenta e chi combatte lotte personali su argomenti secondari, che visti i tanti problemi importanti potrebbero tranquillamente mettere da parte.
Col tempo impari o meglio ti abitui a fare come tutti gli altri, non ci badi passi oltre, ti adegui alla distrazione che deriva dai tuoi problemi personali e svolgi semplicemente un lavoro di routine come alla cassa di un supermercato.

    Solo dolo un paio di anni mi sono reso conto che i posti a sedere della camera formano BATMAN

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La mole di denaro che gira dentro questi luoghi è inimmaginabile, i servizi offerti ai deputati e/o senatori ecc sono davvero molti, hanno bagni personali con ogni genere di comodità, spazzolini asciugamani di vario genere, spazzole e molto altro, tutto ad personam, una volta per sbaglio entrai in una di queste toilette di lusso e la sensazione fu quella di trovarmi in un hotel di lusso, come se avere queste comodità fosse un diritto per quelle persone, come se c’entrasse qualcosa avere tutto quel ben di dio gratuitamente.
Al secondo piano di palazzo Montecitorio nei luoghi della camera dei deputati c’era anche il bar personale SOLO per i membri di questa, ricordo la targa appesa davanti l’entrata di questo saloon totalmente in legno pregiato “i deputati e senatori sono pregati di pagare il conto prima di uscire, grazie”.
Un bar del genere sinceramente non l’avevo mai visto in vita mia, sembrava uscito dall’800 e la cura con la quale era tenuto rasentava l’immobilità temporale.
I tantissimi arazzi sparsi ovunque, imponenti come un cartello pubblicitario, riempivano ogni stanza e corridoio e quando calava la sera, complice le calde luci del complesso, con un po’ di fantasia sembravano animarsi.
Li dentro c’è la storia del nostro paese, li dentro hanno camminato e parlato le menti più importanti della nostra Italia, ovunque ti giravi potevi trovarti davanti busti in marmo o dipinti raffiguranti qualcuno un tempo famoso, ormai ridotto a mero ricordo da museo.
C’è un salone per esempio, adibito per la stampa, dove ogni giorno potevi trovare tutti i quotidiani esistenti a disposizione di chiunque, bastava entrare, prenderne uno e leggerlo.
A volte passavo intere giornate in questa sala, anche perché spesso era il punto di incontro tra la stampa ed il singolo politico, noi si stava li e ogni tot arrivava qualcuno di “importante”, ci rilasciava una dichiarazione di qualche minuto e se ne andava, raramente un grazie e vagamente uno sguardo da pari a pari.
Mai un solo politico è stato gentile nei miei riguardi, per loro era come fossi un mendicante, quasi una scocciatura nel migliore dei casi, non la fonte della loro notorietà, soltanto un parassita che cerca di carpire qualche informazione per guadagnarci.
Anzi se posso confidare una cosa, paradossalmente i politici più “cattivi” davanti le telecamere, si rivelavano i più gentili con noi povere bestie, molte volte eravamo costretti ad aspettare ore davanti una porta di una stanza per avere una piccola affermazione in cambio, ripresa dalle nostre telecamere e registrata dai nostri microfoni, molte volte affermazioni che confermavano per l’ennesima volta cose già dette e solo di rado qualcosa di realmente interessante.
Quasi solo pareri, il punto di vista di ognuno di loro, o peggio ancora il loro dito puntato su qualcun altro, un rivale, un “nemico” che dovevano citare come fossero a scuola e la professoressa in procinto di punirli li costringesse a fare la spia.

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Vale la pena fare un cenno su le lunghe attese che ho dovuto vivere in questi anni durante il mio lavoro in questi luoghi e posti analoghi, non sono normali attese, a tutti capita di aspettare qualcosa ed a tutti può capitare che sia un lasso di tempo breve o anche lungo, il nostro era infinito.
Ci sono stati tantissimi giorni infiniti, non era un semplice attendere ma proprio una prova di resistenza, molte volte le redazioni ci mandava a riprendere una macchina con i vetri oscurati entrare o uscire da un determinato palazzo istituzionale. Poteva essere chiunque, poteva essere un qualsiasi momento, ma noi per ore ed ore attendevamo questa macchina privata a noleggio tra l’altro, scorrerci davanti come fosse una metropolitana.
Davanti a Palazzo Grazioli ho passato settimane se dovessi contare le ore, poteva piovere, poteva tirare vento, esserci un sole cocente o tanto altro, non avrebbe fatto differenza, dovevamo stare li finchè questa macchina con voi sapete bene chi dentro, non fosse passata, in un verso o nell’altro.
E dovevamo sorbirci la folla di gente che incuriosita dalla tante telecamere si avvicinava e pronunciava la domanda che in quegli anni mi son sentito rivolgere di più: Che succede?
Ahimè non bastava mai la nostra risposta, non erano mai contenti questi tanti spettatori gratuiti di quel che rispondevamo, per loro doveva succedere qualcosa di unico e restavano ore ed ore come noi, a gratis ad aspettare il niente.
Ho provato molte volte a spiegare a questi curiosi che era solo un’impressione, che non doveva accadere nulla, solo passare una macchina, e forse complice l’assurdità di per se della cosa, li portava a non credere fosse realmente così.
Ci univa però tra colleghi una sorta di rapporto simile all’amicizia vera, passavamo tanto di quel tempo assieme che finivamo per conoscere tutto l’uno dell’altro, quasi una grande famiglia allargata, dove ci si faceva forza a vicenda a seconda delle eventualità, qualcosa in più del semplice essere colleghi, nel bene o nel male eravamo sempre assieme.

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Lo stesso discorso di attese valeva per il singolo politico a piedi, molte volte lo si doveva aspettare fuori un portone per ore, e certe volte nemmeno si faceva vivo, oppure altre ci trattava a pesci in faccia, come fosse nostra la colpa di quell’attendere, di quella presenza simile ad un mendicante, che fa di tutto per avere qualche spicciolo, in questo caso spiccioli inutili di dichiarazioni, smentite, superate, ignorate già a distanza di qualche ora.
Una nota particolare va fatta senza far nomi alla dimestichezza nell’esprimersi e trattarci che alcuni di questi avevano, pensate ai peggiori politici, quelli visti un po’ da tutti come cattivi, scomodi, fastidiosi, ecco per noi erano i migliori, i più umani, quelli che scherzavano in tranquillità e in 20 secondi rilasciavano la dichiarazione perfetta, a differenza di quelli blasonati che spesso ci deludevano ed offendevano, fa molto riflettere secondo me.
Avrei voluto poter parlare più nel dettaglio di queste persone, ma non ne ho il potere, l’unico vero “dono” che questi mi fecero fu la consapevolezza che votare purtroppo non serve a niente, non in questi tempi almeno, non in questo paese.
C’è un mondo dentro il mondo che la gente non conosce, che ignora esistere, ma non è l’unico ad esserci, di questi mondi ce ne sono tanti, invisibili agli occhi dell’uomo qualunque troppo preso dai problemi comuni, che lo portano a vivere perennemente nel futuro, o meglio nella possibilità futura del fallimento, della privazione, del dolore, ma è soltanto uno dei tanti futuri possibili anche se non si sa bene come sembra sempre per tutti il più tangibile, concreto, possibile.
Ho smesso di vivere in questo limbo e ne sono felice, ma allo stesso tempo provo una gran tristezza per tutti i miei colleghi, ancora incastrati in ragnatele invisibili che gli tolgono il gusto di quello che fanno.
La televisione come informazione uccide la passione di chi la genera, c’è solo una corsa giornaliera al trovare una notizia valida per quanto riguarda i giornalisti, ed una corsa giornaliera reale, che ognuno dei miei colleghi compie stando dietro alle direttive di chi pensa di governare bestie da soma e non persone.
Non faccio un lavoro nel quale capiti per sbaglio, è un lavoro che ti cerchi, che ti coltivi ed è paradossale vedere così tante persone dimenticarsi la passione che li ha portati fin li, non dovrebbero esserci uomini a far le riprese delle notizie, non se queste sono al 90% inutili e manipolate per rendere tanto o poco a seconda dell’eventualità.
Basterebbero delle telecamere automatiche, ferme sempre nello stesso punto, dove chi vuole o deve possa rilasciare la propria dichiarazione, non ha senso spegnere tante luci per accendere dei fiammiferi che al primo colpo di vento si spengono, vorrei tanto un mondo dove chiunque faccia quello che ama senza che nessun altro possa rovinare questo sentimento, schiavizzando la fantasia, strumentalizzando l’esperienza di chi una volta sognava di lavorare in quel fantastico mondo del cinema.
Io qui premo solo un pulsante e tu parli, premo un pulsante e tu urli, vorrei tanto che quel pulsante non fosse REC ma STOP.

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N.B. Tutte le foto sono ovviamente miei scatti degli anni passati



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